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Torino 2 dicembre 2013 - ore 15.00/19.00

Galleria d'Arte Moderna di Torino
C.so Galileo Ferraris 30

Associazione Nazionale Giuristi Democratici

convegno-seminario:
CONFLITTO SOCIALE, ORDINE PUBBLICO, GIURISDIZIONE:
IL CASO TAV E IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

locandina (formato pdf) 40KB


Resoconto iniziativa e videoregistrazione degli interventi

 Si è tenuto a Torino il 2 dicembre 2013 il convegno organizzato dall’Associazione Giuristi democratici dedicato a “Conflitto sociale, ordine pubblico, giurisdizione: il caso Tav e il concorso di persone nel reato”. Abbiamo inserito nel sito (controsservatoriovalsusa.org) i video delle relazioni e degli interventi, ma ad essi è opportuno far precedere un commento.

 

1. Il convegno ha segnato una ripresa di dibattito sul modo in cui le istituzioni in genere, e quella giudiziaria in particolare, affrontano il conflitto sociale e – più specificamente – il conflitto in atto in Val Susa intorno alla linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. A Torino l’argomento è da tempo tabù, salvo le voci ufficiali (quelle dei vertici degli enti locali, del Commissario Straordinario del Governo, della Questura e della Procura), supportate e veicolate in modo acritico dalle pagine locali di Stampa e Repubblica e dal TG3. Il fatto che ne abbiano parlato pubblicamente, di fronte a 500 persone attente e concentrate, un pezzo importate di Università, avvocati, magistrati e un operatore del sindacato di polizia rappresenta in sé una novità importante. E tanto più lo sarà con la diffusione degli interventi sui siti, la pubblicazione degli atti e il dibattito che ne seguirà.

2. Come noto – e in piena sintonia con il clima ora descritto – lorsignori hanno tentato sino all’ultimo di impedire lo svolgimento del convegno, anche ricorrendo alla revoca della autorizzazione all’uso, per i lavori, di un’aula del palazzo di giustizia, disposta dalla competente commissione della Corte d’appello torinese pochi giorni prima della data fissata. Lo spostamento alla Galleria d’arte moderna peraltro, nonostante la ristrettezza dei tempi, non ha minimamente inciso sul successo dell’iniziativa: la presenza di 300 avvocati e di un ulteriore pubblico, parte del quale addirittura in piedi, nel pomeriggio di un giorno lavorativo (dalle 15.00 fin oltre le 19.00) sono, per Torino, un successo raro. Ma la censura operata non è, per questo, meno grave e dà il segno della indisponibilità dei vertici della magistratura torinese a ogni istanza di partecipazione e democratizzazione della giustizia (persino se si manifesta con un dibattito promosso da una associazione di avvocati). La cosa non è sfuggita né a organizzatori e relatori né agli osservatori più attenti. Stigmatizzata dall’avvocato Lamacchia nella relazione introduttiva e, poi, dalla presidente della Camera penale torinese, avv. Chiusano, e dall’avv. Zancan («sono sgomento non si possa stare a casa nostra a parlare di processi politici») la censura ha trovato una dura risposta in un documento firmato – ad oggi – da oltre cento giuristi nel quale si legge, tra l’altro: «nessun intervento censorio di questo tipo risulta essere intervenuto dagli anni Settanta ad oggi. E ancor più indigna il fatto che ciò sia avvenuto con riferimento a un tema di grande rilevanza pubblica e in polemica con una associazione forense di solide e radicate tradizioni democratiche. In un assetto costituzionale in cui la giustizia è amministrata in nome del popolo i palazzi di giustizia sono per definizione la casa di tutti e non il fortilizio di alcuni. È assai grave che ciò sfugga ai vertici della giustizia torinese. La democrazia – per usare una felice espressione di Norberto Bobbio – “è il governo del potere pubblico in pubblico”. È sorprendete che ciò venga ignorato da chi esercita la giurisdizione, che proprio dal dibattito e dal controllo pubblico trae alimento e credibilità. È una brutta pagina per Torino e per la giustizia».

3. Il convegno è stato un’occasione alternativa di studio e di formazione, opposta a quella del vuoto formalismo (funzionale alla tutela dello status quo). Il conflitto sociale e il modo in cui viene affrontato – anche con specifico riferimento al caso Tav (che consta ormai, come ha segnalato l’avv. Novaro, di 79 procedimenti con 440 indagati) – è diventato materia di studio per giuristi e avvocati (ai quali, con lungimiranza, il Consiglio dell’Ordine ha ritenuto di riconoscere crediti formativi). E il dibattito si è esteso (soprattutto con l’intervento dell’avv. Zancan) al tema – di evidente rilievo per il foro – del rapporto (di alterità o di identificazione) tra avvocati e difesi. Da segnalare la scarsa presenza (o, più esattamente, la sostanziale assenza) di magistrati. È un fatto negativo non inatteso, a dimostrazione di una pericolosa autoreferenzialità di cui si vedono quotidianamente i risultati... Mancava anche Magistratura democratica, la cui dirigenza – stando alle ben informate pagine locali di La Repubblica – ha fiutato per tempo l’aria ed ha preferito al mare aperto del confronto la tranquilla copertura della corporazione e l’ossequio ai vertici degli uffici. Ma relatori come Enrico Zucca (sostituto procuratore generale a Genova) e Giovanni Palombarini (già procuratore generale aggiunto della Corte di cassazione) hanno dimostrato che pezzi significativi di Magistratura democratica non hanno rinunciato alle tradizionali battaglie in difesa del garantismo. In ogni caso l’approfondimento giuridico di quello che sta ormai diventando – nella legislazione e nella prassi – il diritto penale delle grandi opere (in Campania come in Val Susa) è un fatto che nel tempo avrà effetti – piaccia o non piaccia – anche sulla giurisdizione, come sempre accade alle elaborazioni culturali.

4. Gli interventi e le relazioni hanno affrontato senza reticenze e con riferimento al concreto dei processi (oltre che alla disciplina astratta) gli snodi fondamentali dell’intervento istituzionale e giudiziario in tema di conflitto sociale: l’uso e l’abuso delle misure di prevenzione (a partire dai fogli di via) per inibire la partecipazione a manifestazioni antagoniste, la responsabilità dei singoli manifestanti per gli eventuali reati commessi da alcuni partecipanti alle manifestazioni, i criteri per l’applicazione delle misure cautelari, le crescenti contestazioni per fatti (ritenuti) di terrorismo ed eversione. In generale si è sottolineato – con particolare forza da parte dell’avv. Zancan – che i processi scaturenti dal conflitto sociale sono in ogni caso politici, anche quando hanno per oggetto imputazioni comuni, perché politici sono il contesto di riferimento, le motivazioni delle condotte, le risposte delle istituzioni (che tendono a trasformarsi in lotta contro fenomeni più che in accertamento rigoroso di responsabilità individuali). Ma talora il carattere politico è particolarmente accentuato. È il caso, tra gli altri, dei processi relativi alle vicende valsusine in cui – come è stato sottolineato dall’avv. Novaro – gli scostamenti dai processi ordinari sono continui: dalla celebrazione dei dibattimenti (anche di quelli a carico di sindaci per fatti di estrema modestia) nell’aula bunker delle Vallette (destinata di regola ai dibattimenti di terrorismo e mafia) alla militarizzazione finanche delle udienze di convalida (con presenza massiccia di polizia nelle aule e bonifica delle stesse prima dell’inizio delle attività), dalla identificazione indiscriminata del pubblico alla pratica di forme di processo a mezzo stampa etc.

5. La prima tappa della risposta istituzionale al conflitto è sempre più spesso l’adozione di apposite misure di prevenzione (in particolare fogli di via) tese a impedire a oppositori e antagonisti di partecipare a manifestazioni di protesta. Se ne è occupato il prof. Petrini, ricordando che era – quella – la prassi del fascismo, solo apparentemente abbandonata in un sistema costituzionale come il nostro, fondato sulla libertà di riunione e di manifestazione del pensiero. Il prof. Petrini ha sottolineato, in particolare, il carattere anomalo di misure limitative della libertà personale fondate sul semplice sospetto e il carattere perverso della misure di prevenzione, spesso destinate ad una crescente criminalizzazione e addirittura ad aprire le porte del carcere in caso di violazione delle prescrizioni imposte.

6. In tema di concorso di persone nel reato è stato sottolineato il rischio – segnalato già in apertura dall’avv. Lamacchia e ripreso dal prof. Pelissero – del revival di una giurisprudenza come quella del Tribunale di Roma che, nel 1962, nel giudicare reati commessi a Genova nei moti del 30 giugno 1960, affermò che: «in una manifestazione di massa la sola presenza dei partecipanti, di qualunque partecipante che non sia in grado di dimostrare categoricamente la propria estraneità, costituisce di per sé elemento costitutivo necessario e sufficiente ad affermare la responsabilità». In molti hanno sottolineato che ciò, per i fatti della Val Susa, è ben più che un rischio, nonostante alcune sentenze, anche delle sezioni unite della Cassazione, abbiano indicato precisi limiti alle ipotesi di cosiddetto “concorso morale” nel reato (consistente nel rafforzamento, con la propria presenza, dei propositi criminosi di altri).

7. L’eccesso nell’uso della custodia cautelare e la sua strumentalità sono – come ha ricordato il prof. Ferrua – mali antichi e irrisolti del nostro processo penale, nel quale le misure cautelari, che dovrebbero essere l’extrema ratio,sembrano sempre più ordinarie misure di sicurezza a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica. L’ambiguità del testo normativo nella definizione della “pericolosità sociale” (denunciata anche dalla Commissione ministeriale che sta elaborando una nuova formulazione) è indubbia ma – è stato segnalato – non basta a spiegare le diffuse forzature che emergono quotidianamente – nei processi politici come in quelli ordinari – in punto individuazione di tipi d’autore (ritenuti pericolosi per quello che sono più che per quello che fanno), valutazione della possibilità o meno di concedere la sospensione condizionale della pena, gravità del fatto, tutte situazioni su cui si esercita la scelta del giudice. Un profilo particolare – stigmatizzato ancora dal prof. Ferrua a commento di una sentenza della Cassazione che ha annullato una misura cautelare emessa in un procedimento per fatti avvenuti in Val Susa il 3 luglio 2011 – riguarda la frequente mancanza di motivazione sulle ragioni per cui misure cautelari meno afflittive del carcere sono ritenute insufficienti (quasi che il carcere, a differenza di quanto prevede la legge, fosse la regola e non una situazione eccezionale).

8. C’è – è stato sottolineato, tra gli altri, dall’avv. Novaro e dal dr. Palombarini – una recente allarmante curvatura nella impostazione dell’intervento giudiziario nei confronti del conflitto sociale, particolarmente acuta nelle vicende della Val Susa. Si tratta della contestazione, addirittura con riferimento alla partecipazione a una manifestazione, di attentato per finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico (reato gravissimo, inserito, nel codice penale, tra i delitti contro la personalità dello Stato). «Si è generalmente ritenuto – ha detto il dr. Palombarini – che le condotte con finalità di terrorismo o di eversione siano comunque quelle di grande pericolosità, che possono cioè recare grave danno a istituzioni italiane o internazionali o all’ordinamento costituzionale o a strutture politiche fondamentali, o che sono idonee a intimidire una popolazione. La semplice violenza politica, ancorché grave, non è sufficiente a configurare terrorismo ed eversione. Rispetto a questa concezione largamente prevalente nella dottrina e nella giurisprudenza, le imputazioni torinesi costituiscono una sorprendente e discutibile novità».

9. Gli assetti dei vari corpi di polizia e le conseguenze degli stessi sulla gestione dell’ordine pubblico sono stati oggetto dell’esame del sostituto procuratore generale di Genova Enrico Zucca (che si è soffermato, in particolare, sulle difficoltà del controllo giudiziario al riguardo, emerse in diversi processi successivi ai fatti del G8 di Genova del luglio 2001) e di Luigi Notari, componente del direttivo nazionale del Sindacato unitario lavoratori di polizia (che ha sottolineato come titolo decisivo per l’arruolamento nei corpi di polizia sia ormai diventato l’avvenuto svolgimento di un congruo periodo di servizio militare, con evidenti conseguenze in termini di incentivazione di logiche interne non democratiche).

10. In conclusione può dirsi che è stata una iniziativa importante, utile e in qualche modo innovativa. Certo non basterà a cambiare culture e atteggiamenti, ché ciò richiede tempi e continuità di analisi e denuncia. Ma è stato un inizio e, insieme, un campanello di allarme di fronte agli irrigidimenti della giurisdizione e alle censure dei vertici degli uffici giudiziari torinesi, che richiamano pericolosamente atteggiamenti della magistratura degli anni Cinquanta, mirabilmente descritti, in allora, da Italo Calvino nei seguenti termini: «Da tempo il giudice Onofrio Clerici s’era accorto che la gente lo odiava e rumoreggiava nell’aula alla sentenza, e le vedove nelle testimonianze gridavano più contro a lui che alla gabbia; ma lui era sicuro del fatto suo, e anche lui odiava loro, questa gentetta logora, non buona a rispondere a tono nelle testimonianze, non buona a sedere rispettosa nel pubblico, questa gentetta sempre carica di figli e di debiti e d’idee storte: gli italiani».

 

Videoregistrazione degli interventi

 

Introduzione di Roberto Lamacchia
Avvocato, Associazione Nazionale Giuristi Democratici

 

Intervento di Marco Pelissero: Conflitto sociale e giurisdizione: il concorso di persone nel reato
Professore di diritto penale, Università di Genova

 

Intervento di Paolo Ferrua: Misure cautelari e ordine pubblico
Professore di procedura penale, Università di Torino

 

Intervento di Claudio Novaro: No Tav e repressione penale: un paradigma
Avvocato in Torino

 

Intervento di Davide Petrini: Storia e riscoperta delle misure di prevenzione
Professore di diritto penale, Università di Alessandria

 

Intervento di Enrico Zucca: Magistratura e polizia: tra collaborazione e controllo
Sostituto Procuratore Generale di Genova

 

Tavola rotonda: La giurisdizione alla prova della Val Susa

 

Intervento di Giovanni Palombarini
già Procuratore Generale Aggiunto presso la Corte di Cassazione

 

Intervento di Anna Chiusano
Avvocato, presidente Camera Penale di Torino

 

Intervento di Giampaolo Zancan
Avvocato in Torino

 

Intervento di Luigi Notari
SIULP - Sindacato Italiano Lavoratori Polizia