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archiviato 20 03 2018

Forse, sulla base di passate esperienze, c'era da aspettarselo.
Ma ciò che lascia stupefatti e disarmati è l'archiviazione di un esposto presentato alla Procura di Roma senza che siano state espletate le consuete procedure normalmente seguite in casi del genere. Archiviato per "assenza di fatti penalmente rilevanti, desumibile anche dall’esame dei lavori parlamentari".

E' sparito nella nebbia totale il fatto che l'esposto, pur partendo dall'esame degli atti parlamentari, documentasse fatti e comportamenti "a monte" che avevano condizionato l'esito della discussione in parlamento. Su tali comportamenti si chiedeva di indagare. E' stato fatto? Non è dato di sapere, la Procura di Roma archivia togliendosi il fastidio. Ma andiamo con ordine...

 

Ormai più di un anno fa il Parlamento ha ratificato e reso esecutivo l’accordo tra i governi italiano e francese per l’avvio dei lavori definitivi della nuova linea Torino-Lione. Sorprendentemente, ma non troppo, il via libera ai lavori è stato dato, come espressamente affermato nel dibattito parlamentare, in base alle nuove ragioni addotte dai promotori (dato il progressivo venir meno, in maniera sempre più evidente, delle vecchie reagioni, come ammesso, in ultimo, dallo stesso Osservatorio governativo che, nel documento 10 novembre 2017 reso pubblico nel febbraio scorso ha ammesso che “molte previsioni fatte quasi 10 anni fa sono state smentite dai fatti”).
Sulla infondatezza di tali nuove ragioni e soprattutto sui dati inveritieri e sulle previsioni scientificamente infondate che le sorreggono alcuni esponenti del Controsservatorio Valsusa, sindaci della Valle e tecnici della Commissione istituita a suo tempo dalla Comunità montana hanno presentato, il 16 settembre 2017, un esposto alla Procura della Repubblica si Roma. Nell’esposto si è sottolineato come l’intenzionale presentazione di dati e previsioni non veritieri e inattendibili per condizionare le decisioni politiche è penalmente rilevante e, ove accertata, integra un reato di truffa aggravata.

Alla presentazione dell’esposto è seguita, da parte della Procura di Roma, una totale inerzia nonostante i solleciti verbali del legale nominato dagli esponenti. Così, decorsi sei mesi, si è provveduto, come consente la legge, a chiedere di essere informati sullo stato delle indagini. Nel giro di un giorno, con straordinaria rapidità, il pubblico ministero titolare del fascicolo ha risposto rigettando l’istanza e comunicando di avere già disposto la trasmissione degli atti all’archivio con la disarmante motivazione della “assenza di fatti penalmente rilevanti, desumibile anche dall’esame dei lavori parlamentari” (sic!).

In sostanza, l’esposto, pur estremamente articolato, è stato cestinato, come si fa per gli scritti dei grafomani o di cui è impossibile comprendere il senso. Nessun approfondimento e nessun passaggio dal Gip, come previsto per le archiviazioni ordinarie.
In altri termini: è meglio che tutto avvenga nel segreto e senza motivazioni, che le parti non possano interloquire, che nessuno - neppure la stampa e l’opinione pubblica – sappia dell’esistenza stessa dell’esposto (che pure riguarda una di quelle grandi opere che, quando sono arrivate sotto la lente dei giudici, hanno spesso mostrato anomalie e incongruenze di rilevanza penale).
Non è la prima volta che questo accade con riferimento al Tav. Ma la reiterazione, lungi dall’attenuare, sottolinea ulteriormente la gravità dell’inerzia e dell’omissione.
La mezza paginetta con cui il Pubblico Ministero liquida l'esposto richiedendo l'archiviazione parla da sé.