Sala Viglione del palazzo del Consiglio regionale
20 aprile 2016

IL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI LE GRANDI OPERE E LA VAL SUSA

intervento di Livio Pepino, presidente Controsservatorio Valsusa

 

Considero importante essere oggi qui, in una sala del Consiglio regionale, per una pluralità di ragioni. Provo indicarne al cune:

1. perché siamo in una sede istituzionale, una sede da cui il movimento No Tav (del quale il Controsservatorio Valsusa si considera parte) è sempre stato escluso. Ci siamo forse per un paradosso ma ponendo un precedente che intendiamo capitalizzare. Il paradosso è che ci siamo per merito di Lombroso... È, infatti, accaduto che qualche tempo fa, in una polemica seguita alla presentazione in una sala di questo palazzo di un libro contenente la richiesta di chiusura del museo Lombroso, il presidente del Consiglio regionale abbia chiuso la polemica dicendo che «il Consiglio è la casa di tutti e la concessione di sue sale per dibattiti di interesse della collettività non può essere soggetta a censure di merito». L’assist non ci è parso vero e ci siamo affrettati a chiedere questa sala per la presentazione del quaderno del Controsservatorio dedicato alla sentenza del Tribunale permanente dei popoli sulla violazione dei diritti fondamentali della popolazione valsusina nella vicenda della progettazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, argomento di sicuro interesse per i cittadini del Piemonte. Così abbiamo ottenuto la sala e soprattutto abbiamo stabilito un precedente a cui potremo richiamarci in futuro (e a cui certamente ci richiameremo). In altri termini, con oggi il punto di vista sul Tav delle popolazioni interessate e del movimento No Tav non sarà più tabù – come è stato in tutti questi anni – nelle sedi istituzionali. Per ottenere questo risultato abbiamo accettato di buon grado anche un orario infelice quale quello delle 11.00 del mattino. Pensavamo che l’affermazione del principio dovesse fare aggio sulla partecipazione inevitabilmente modesta. Ma le cose sono andate meglio di quanto avevamo previsto come dimostra questa sala piena. Dunque, proseguiremo: qui, in Comune, in Parlamento, alla Commissione e al Parlamento europeo (dove a breve il Presidio Europa si recherà per la consegna della sentenza). Non abbiamo espugnato una fortezza, ma abbiamo un nuovo campo su cui “giocare”;

2. perché abbiamo dimostrato – e stiamo dimostrando – chi vuole il confronto e chi no. Ricorderete che nei giorni scorsi (la vigilia di Pasqua alle 23.00, dopo una partita di calcio) Rai3 ha trasmesso una puntata di “Scala Mercalli” nella quale, per 22 minuti, alcuni specialisti di varie discipline hanno illustrato le ragioni dell’opposizione al Tav Torino-Lione spiegandone l’inutilità, l’insostenibilità ambientale, i costi eccessivi, le lesioni ai diritti di informazione e partecipazione della comunità locale. Inutile dire che i fautori dell’opera (tra cui l’immancabile senatore Esposito e il presidente dell’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione Foietta), pur gratificati di accesso quotidiano in condizioni di monopolio a giornali e televisioni, hanno gridato allo scandalo per la mancanza di contraddittorio, proponendo interpellanze e richieste di una trasmissione riparatoria (sic!). Ebbene noi oggi abbiamo invitato qui, a confrontarsi con il segretario del Tribunale permanente dei popoli e con due illustri giuristi dell’Università di Torino, il presidente della Regione Piemonte Chiamparino, il presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione Foietta e il sindaco di Susa (nonché presidente dell’Unione dei comuni della Valle) Plano. Non ci crederete, ma in sala c’è solo Sandro Plano, mentre gli altri invitati ci hanno fatto sapere di non poter intervenire per impegni precedentemente assunti (senza neppur far cenno alla possibilità di farsi sostituire da un assessore o da un funzionario competente...). Del resto erano impegnati, e costretti a disertare l’evento, anche in occasione della sessione del Tribunale permanente dei popoli dello scorso novembre! E sempre per l’esistenza di contestuali incombenze nell’orario richiesto non era stato consentita la visita di una delegazione del TPP al cantiere di Chiomonte...;

3. perché abbiamo con noi illustri giuristi la cui presenza vale, insieme, come riconoscimento della serietà dell’impegno del Controsservatorio Valsusa e come allargamento nella comunità giuridica del dibattito sui temi della salvaguardia del territorio e del diritto di partecipazione. La sentenza del TPP, promanando da un tribunale di opinione, non ha valore ed effetti giurisdizionali né possibilità di esecuzione ma, come ci ricorda Ugo Mattei, ha cionondimeno una profondo valore anche giuridico. Il sistema giuridico è, infatti, un realtà sempre più complessa nella quale il versante istituzionale è solo una componente (seppur tradizionalmente la più importante e, comunque, la più visibile). Al diritto dei singoli si affianca prepotentemente il diritto delle comunità. È un diritto per lo più disatteso e per questo richiede “giudici” diversi. Lo ricorda Luis Moita, nel libro che questa mattina presentiamo, citando le parole con cui Jean Paul Sartre, nell’ormai lontano 1967, rispose al generale De Gaulle per rivendicare la legittimità e il valore del Tribunale Russel sul Vietnam: «Perché noi nominiamo noi stessi? Esattamente perché non lo fa nessuno. Solo i governi o i popoli potrebbero farlo. Ma i governi vogliono riservarsi la possibilità di commettere crimini senza incorrere nel rischio di essere giudicati; per questo non creerebbero un organismo internazionale abilitato a farlo. In quanto ai popoli, se si esclude la rivoluzione, non nominano tribunali e, quindi, non potrebbero nominarci». “Giudici” diversi le cui decisioni interagiscono, peraltro, con il diritto “ufficiale”, aprono spazi, producono cambiamenti. Oggi qui stiamo lavorando anche in questa direzione;

4. perché il dibattito di oggi è, dopo la sentenza del TPP, la base per ulteriori iniziative. Da un lato, infatti, stiamo operando per provocare, sulla situazione della Val Susa, un intervento del Comitato per l’adempimento della convenzione di Aharus (cogliendo l’indicazione contenuta nell’ultima parte del dispositivo della sentenza). Dall’altro – sempre come Controsservatorio Valsusa – stiamo facendo partire una ricerca, che speriamo coinvolga molti esperti e molte realtà di studio, sugli interessi e i conflitti di interesse sottostanti alla progettazione del Tav Torino-Lione (c in questo settore paradigma di quanto sta accadendo nel Paese);

5. infine perché la controinformazione, la denuncia e la protesta sono, in una democrazia complessa, una componente fondamentale. Il diritto di opporsi e di protestare è stato ed è gravemente ostacolato Valle. Lo abbiamo detto e scritto più volte: la vicenda della Val Susa è una parabola di quanto accade nel Paese. Per il trattamento del territorio e dei beni comuni e per il rapporto instaurato dai poteri centrali con i cittadini e le comunità locali. Lo schema seguito con riferimento alla progettazione della nuova linea prevede – dopo la disinformazione e l’informazione deformata – la permanente e totale impermeabilità a richieste, appelli, sollecitazioni ed esposti di istituzioni territoriali, comitati di cittadini, tecnici e intellettuali e la parallela gestione della protesta e dell’opposizione come problemi di ordine pubblico demandati, talora anche grazie ad appositi provvedimenti legislativi, al controllo militare del territorio e all’intervento massiccio degli apparati repressivi (con significative limitazioni di diritti dei cittadini costituzionalmente garantiti). Anche questo è frutto di un progetto coerente di torsione centralistica e autoritaria del sistema che va ben oltre la Val Susa. Si inserisce in questo quadro, completandolo e attribuendogli carattere strutturale, la modifica della Costituzione approvata dalla Camera il 12 aprile scorso che, insieme con la legge elettorale n. 52 del 2015, persegue il disegno riassunto nello slogan «chi vince prende tutto». Le finalità di quella modifica sono riassunte in modo esplicito in un documento del 28 maggio 2013 della banca d'affari americana J. P. Morgan (uno dei registi dell’operazione in atto) in cui si legge, tra l’altro: «Le Costituzioni e i sistemi politici dei Paesi della periferia meridionale, costruiti in seguito alla caduta del fascismo, hanno caratteristiche che non appaiono funzionali a un'ulteriore integrazione della regione. [...] Questi sistemi politici periferici mostrano, in genere, le seguenti caratteristiche: governi deboli; stati centrali deboli rispetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori; [...] diritto di protestare se cambiamenti sgraditi arrivano a turbare lo status quo. I punti deboli di questi sistemi sono stati rivelati dalla crisi. [...] Ma qualcosa sta cambiando: il test chiave avverrà l'anno prossimo in Italia, dove il nuovo governo ha chiaramente l'opportunità impegnarsi in importanti riforme politiche». Il laboratorio della Valsusa e l’analisi che qui, oggi, ne stiamo facendo ci aprono, dunque, gli occhi su una realtà generale. E non è poca cosa di fonte al pensiero dominante che vorrebbe diventare unico.